Thursday, July 22, 2004

Wanted Dead or Alive

In effetti non ci ho mai pensato, ma questo è un posto perfetto per.

Gli ultimi anni di mio padre ci hanno visti separati per svariati motivi, volontari e non.
Il tempo si sta occupando di spiegarmeli, di aiutarmi a comprenderli, di valutarne il peso e la leggerezza, di perdonarne gli errori e di rivalutarne quelli che non lo erano nonostante tutto li facesse sembrare tali.
Il tempo è fantastico per certe cose.
Ma non può tutto.
Per esempio non me li può raccontare.

I giorni immediatamente successivi alla scomparsa, io e mio fratello ci occupammo di ricostruirne gli ultimi mesi di vita, per cercare di capire cosa poteva essere successo, come e magari anche perché.
Riuscimmo ad entrare in quello che era il suo ufficio ma anche casa ma anche archivio ma anche chissà cos’altro quando stava in Italia, riuscendo a portarci via di nascosto da chi non “voleva” quel poco che poteva essere caricato velocemente in macchina e cioè giusto un paio di scatoloni di fogli ritagli appunti foto fax multe non pagate bollette non pagate multe non pagate ricorsi bollette non pagate multe non pagate ricorsi e un sacco di progetti idee prime stesure di articoli di libri.
Passammo tutta una notte e un giorno a casa mia io e lui a tirare fuori ogni foglio leggendolo spulciando ogni cosa in una specie di operazione di indagine nata per trovare una seppur minima indicazione di logica in una scomparsa tanto assurda ma trasformatasi quasi immediatamente in un viaggio attraverso gli ultimi anni di una vita probabilmente difficile da capire, soprattutto se sei tra quelli che per quella vita hanno pagato un prezzo, ma incredibilmente affascinante e stracolma di momenti di incontri di esperienze di idee di immagini di paesi lontani tutti rinchiusi in maniera disordinata e senza alcun tipo di cronologia dentro quei due scatoloni.
Me la ricordo ancora quella notte.
Io e mio fratello seduti al mio tavolo in una cucina trasformata in una specie di magazzino con centinaia di fogli e fogliettini sparsi ovunque sul tavolo per terra sui mobili impossibilitati a fare altro che rimanerci in mezzo immersi in tutto quel mondo pazzesco, ognuno con un foglio nuovo in mano da leggere, in un silenzio rotto solo dai continui richiami che ci facevamo per raccontarci a vicenda cosa avevamo appena scoperto.
“Ehi guarda questo!”
“E tu leggi qua, guarda che faceva!”
“No aspetta, questo è incredibile!”
Persino un programma televisivo aveva messo in piedi.
Quello che per tutti era un pazzo se ne stava li, in quelle foto, nello studio televisivo in piedi in mezzo alle luci a dare indicazioni.
E poi fax per ottenere permessi dai paesi stranieri per documentari di ogni tipo o per sponsorizzazioni il cui unico fine era fare quello che aveva sempre fatto per tutta la vita, vivere e realizzare le sue idee a spese degli altri.
C’era riuscito.
Cazzo c’era davvero riuscito.
E il giornale…
Lo diceva sempre che se nessuno gli avesse pubblicato le sue cose se le sarebbe pubblicate da solo.
Un giornale si era inventato.
Ce n’erano un sacco di copie in quella scatola.
Ancora imballate perché nessuno aveva accettato di distribuirgliele, ma le aveva stampate ed erano li, con i suoi articoli, le sue ricerche, le sue poesie, le sue recensioni musicali.
Chissà se qualcuno le aveva mai lette quelle pagine.
Ma non aveva importanza perché io e mio fratello sapevamo cosa voleva dire quel giornale.
Voleva dire che era vero quello che diceva.
Voleva dire che non si era fermato un solo giorno in quella assurda ricerca ossessiva di fare, di parlare, di scrivere, di viaggiare, di guardare e raccontare.
E le risate che scattavano scoprendo assurdi ricorsi per multe da 20.000 lire che solo in marche da bollo gli costavano di più della multa stessa.
E l’orgoglio celato quando trovammo la busta con cui gli comunicavano la vittoria del ricorso.
Era una filosofia la sua.
Non si tirano fuori soldi finché si ha una scelta.
Non era per noi che non tirava fuori soldi, era proprio il suo modo di vivere.
Con tutti.
Me lo ricordo ancora quando disse che ci avrebbe coperto di soldi e non ci avrebbe mai fatto mancare nulla ma non avrebbe mai tirato fuori un solo assegno di quelli che il giudice gli impose.
Lo fece.
Solo la storia degli assegni naturalmente, ma vabbè, da uno così non è che si poteva pretendere che dicesse sul serio.
Diceva che nessuno poteva dirgli cosa doveva fare.
Si riferiva ad un giudice.
Non poteva che finire male.
Ma vabbè di nuovo.
Fu strana quella sera.
Scoprimmo un mondo del quale non sapevamo assolutamente nulla.
Io e mio fratello eravamo rimasti ai libri che scriveva.
Più che altro traduceva.
Conosceva diverse lingue.
Era sempre stato affascinato dalle lingue strane.
Le imparò tutte da solo.
Conosceva il russo perché un giorno decise che doveva parlare il russo e ovviamente se ne andò in Russia finché i russi non decisero che lui non doveva più mettere piede in quel paese.
Cosa combinò per ottenere un tale “privilegio” è un segreto che nessuno, me per primo, saprà mai.
Conosceva tutte le lingue comuni più un discreto numero di quelle altre strane.
Ma più di tutte scelse il cinese.
Amava la Cina.
Fu lì che passò gli ultimi anni.
Diceva che la cultura cinese è una delle più belle e affascinanti che esitano e che l’unica cosa che l’aveva rovinata erano stati proprio i cinesi con la loro mania del progresso e della tecnologia.
Odiava i cinesi moderni.
Amava stare nei villaggi.
A studiare i dialetti delle terre sperdute dove nemmeno li conoscevano gli occidentali ma con lui parlavano come fosse uno di loro.
La vidi con lui la Cina.
Mi tenne un po’ con se e mi portò a vedere la Cina che diceva lui.
Certi viaggi non li dimentichi.
Era vero, è davvero un mondo affascinante.
Quel viaggio fu però l’ultima volta che fummo padre e figlio.
Finì male per motivi che non è il caso di spiegare, ma finì male.
Mi portò in un’ambasciata e mi lasciò lì, facendomi uno sprezzante saluto militare di quelli che avvicini due dita alla fronte e le fai scattare come dire “Adiòs, gringo”.
Era così.
Gli piacevano le cose plateali da film.
Da quel giorno il nostro rapporto si trasformò semplicemente nel mio continuo acquistare i libri di cui venivo a conoscenza.
Era il mio modo di ascoltarlo, di seguirlo nei suoi viaggi, di sentirlo raccontare di quelle terre sperdute.
Quella notte, dentro quegli scatoloni trovai tracce di libri che non sapevo nemmeno avesse scritto.
Me li ero persi.
Credevo fossero finiti, credevo di averli letti tutti.
Non era vero.
Ce n’erano altri.
È strano spiegare cosa aveva voluto dire per me.
Era come aver scoperto che non era morto.
In fondo non ce l’avevo fisicamente nemmeno prima, i libri erano il nostro rapporto e avendo scoperto l’esistenza di altri nuovi titoli era come aver scoperto che potevo averlo ancora, di nuovo a parlarmi, ancora a raccontare cose nuove come se fosse ancora lui.
Il tempo non mi può raccontare gli ultimi anni, ma i suoi libri si.

Sono passati due anni.
Sono due anni che cerco quei libri e non li trovo.
Compaiono negli elenchi delle librerie ma poi non li hanno in magazzino.
Li trovo nei siti di vendita on line ma ad ogni mail di ordine ne ricevo una che mi comunica che si erano dimenticati di aggiornare l’archivio e che non li hanno più in catalogo.
Qualche libreria li ha ma solo per consultazione.
Pure in braille ne ho trovati, ma non sono cieco.

Non ci ho mai pensato, ma questo è un posto perfetto per.
Ora io non dico che la gente mi deve trovare quei libri, ma visto che recentemente una persona che mi legge mi ha detto di aver fatto una ricerca e di aver trovato dei titoli ho pensato che forse in effetti questo posto può essere qualcosa che per una volta non si limita a raccogliere le mie cazzate, ma magari mi aiuta a trovare quello che sto cercando.
Questo discorso l’ho già fatto ad un amico, e lo rifaccio qui.

Io so bene che è una ricerca difficile e che una persona qualsiasi non ha certo i miei motivi per portarla avanti, ma magari capita che nel tuo paesino o nella tua città in un negozietto ci sia una copia dimenticata di qualche libro di quel pazzo e io difficilmente riuscirei a saperlo a meno che non mi metta in macchina e inizi ad andarmene in giro per l’Italia, e dato che non ho la macchina la vedo dura.
Dato che, come detto prima, tu certo non hai i miei motivi e puoi tranquillamente rispondermi “E perché dovrei farlo?” io rispondo “Perché li pago”.
Io ho un elenco abbastanza breve, ma la suddetta persona gentile (alla quale dico davvero grazie) per esempio ne ha trovato uno che non conoscevo.
Io li compro.
Qualsiasi copia (nel senso anche più di una) di qualsiasi titolo del pazzo io la compro pagandola (copia alla mano) 10 euro in più rispetto al prezzo di copertina.
Sia di quelli che già ho (prestati e mai tornati, come sempre) sia di quelli che mi mancano.
Va bene anche se sono articoli di giornale o inchieste (pubblicava come corrispondente).
A me sta un po’ sul cazzo farne un discorso economico, ma non posso pretendere che tutti siano animati da spirito di beneficenza o che abbiano tempo e voglia di farlo per uno che non sanno nemmeno chi è, e quindi ho pensato che 10 euro in più sul prezzo di copertina per un elenco composto da una decina di titoli sia un modo per far venire voglia non dico di dedicarci le giornate, ma magari di fare anche solo la domanda quando capita di entrare in una qualsiasi libreria di un qualsiasi paese.
Sia mai che ne trovi qualcuna e ci fai un centinaio di euro così, senza sbattimenti aggiuntivi se non quello di fare una domanda in più quando entri in libreria.
Ovvio che in presenza di uno che ne ha scovato un bancale in un magazzino in Uzbekistan magari su quei dieci euro a copia si può trattare un pochino.
Ma il senso è quello.
Tenendo poi presente che io adesso dico ‘sta cosa e poi capita che mi arrivano 50 persone con dieci libri a testa, magari prima di comprarli dimmelo, anche perché oltre un certo limite mi fermo e non è che li compro all’infinito e può essere che gli stessi li abbia già trovati qualcun altro il giorno prima.
Ciao.

P.S. Se ne trovi una copia e accetti un consiglio, prima di darmelo leggilo.
Tanto li compro anche usati.

Per contattarmi scrivimi qui.

Questi sono quelli che conosco io:

Antiche fiabe cinesi
di Edi Bozza
Mondadori, Milano 1987

Storie dei proverbi cinesi
introduzione e versione italiana di Edi Bozza
Mondadori, Milano 1989

Il corpetto di perle: novelle cinesi del '600 di Feng Meng Long
a cura di Edi Bozza
Mondadori, Milano 1990

Il governatore della Provincia del ramo meridionale e altri racconti
a cura di Edi Bozza
Mondadori, Milano 1991

Miti della Cina arcaica
di Edi Bozza
Mondadori, Milano 1992

NOTE SCRITTE NELLO STUDIO YUEWEI, XIAOLAN JI
a cura di Edi Bozza
Bollati Boringhieri 1992

L'unghia del drago: schegge di saggezza orientaledi Edi Bozza
Mondadori, Milano 1993

Il memoriale delle 10.000 parole, ovvero dell'arte del governo di Wang An Shia cura di Edi Bozza
Mondadori, Milano 1994

Fiabe dell’Himalaya e della MongoliaEdi Bozza
Mondatori 1994

Il tappeto da preghiera di carne: racconto erotico cinese d'epoca Qing di Li Yu
a cura di Edi Bozza
Mondadori, Milano 1996

Fiabe e leggende di tutto il mondo: fiabe Tahur
a cura di Edi Bozza
Mondadori, Milano 1996 (Oscar narrativa; 1623)
10 4 FIA - 3156 - ISBN 88 04 42098 7

Quel che il maestro non disse/Yuan Mei
a cura di Edi Bozza
Mondadori, Milano 1996. (piccola biblioteca oscar; 121)


PP.SS. Per motivi non spiegabili qui, i due citati scatoloni sono stati buttati con tutto il loro contenuto del quale di conseguenza non esiste più traccia alcuna.

23 Novembre 2001. A mio padre

Certe persone non sono fatte per condividersi fisicamente.
Spesso nella vita ci si obbliga a questo. E spesso è sbagliato.
Tu hai voluto andar via, hai voluto stare lontano. E non solo in senso geografico.
Voler bene a qualcuno credo significhi rispettarne le scelte.
Hai voluto andar via da quello che era un rapporto padre-figlio come viene inteso comunemente, tu non potevi aver rapporti come vengono intesi comunemente, eri diverso, lo sei sempre stato.
Sbagliato?
Forse.
Per chi intende le cose comunemente.
Non si può obbligare qualcuno ad essere padre.
Non ti ho dimenticato, ti ho rispettato.
Ora sei andato via.
Ho tenuto in braccio io l’urna quel giorno, l’ho portata con orgoglio e quel giorno ho capito che non te ne sei andato.
Era troppo leggera per pensare che contenesse tutto quello che hai vissuto.
Non avremmo mai potuto essere padre e figlio, sarebbe stato troppo poco per quello che intendevi tu.
Hai voluto un’altra cosa, volevi essere libero, te l’ho data.
Credo di essere stato figlio come intendi tu.
Sono contento che tu e la mamma quella sera non siate andati al cinema.
Sono proprio una bella persona.
E qualsiasi cosa si possa dire su quello che hai fatto da quel giorno in poi, lo devo anche a te.
Grazie.
Non ho rancore.
Ne ho avuto solo finché ho iniziato a capire.
Credimi.

“Nel mio boccale voglio solo gioia e allegria,non ho tempo ne voglia di pensare.Troppo tardi mi sono accorto dell’inutilitàDi fidarsi dei libri degli antichi saggi.Ieri sera, barcollando ubriaco, mi appoggiai a un pino,domandai all’albero: “Quanto sono ubriaco io?”Mi parve che il pino si chinasse a sorreggermi,allora gli dissi sprezzante: “Vattene via!”

Poche parole, la tua fotografia, la lapide l'avrei voluta così.
Solo quella foto, né un nome, né una data, e quella frase.
Era su uno dei tuoi libri.
Li ho sempre comprati tutti, erano la tua voce, ti ho sempre ascoltato senza disturbarti, come volevi tu.
Non me lo hanno fatto fare, non sarebbe stata una lapide per chi intende la lapide comunemente, ma so che tu l’avresti voluta così.
Non ti ho mai dimenticato, ho solo rispettato.
So che adesso lo sai, ovunque tu sia.
Non mi mancherai, ti darebbe fastidio.
Però adesso io cosa leggo?
Sono proprio una bella persona.
Grazie.